Lettere Contro la Guerra

Registered by azimuth of Roma, Lazio Italy on 3/27/2005
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Journal Entry 1 by azimuth from Roma, Lazio Italy on Sunday, March 27, 2005
Il mondo non è più quello che conosciamo, le
nostre vite sono definitivamente cambiate. Forse
questa è l'occasione per pensare diversamente da
come abbiamo fatto finora, l'occasione per reinventarci
il fututo e non rifare il cammino che ci ha portato
all'oggi e potrebbe domani portarci al nulla.


Eccezionale. Commovente. Illuminante. In poche parole, un capolavoro.

Una raccolta di lettere scritte tra il settembre del 2001 al gennaio 2002 che ci fanno toccare con mano la vita delle persone che, in prima persona, sono coinvolte nel conflitto "contro il Terrorismo". Con lo spirito di ricerca che ha contraddistinto sempre la vita di Tiziano Terzani, l'Autore si lancia in un suo personale viaggio alla scoperta delle radici dell'11 settembre. Un evento che definisce una buona occasione. Una buona occasione per fermarci a riflettere, per capire l'origine dell'odio e per porvi rimedio con comportamenti che rimuovano le cause stesse dell'odio. In ogni cosa esiste il suo contrario, non esiste il bene o il male assoluti, ma anche in un fatto negativo esiste il seme per una rivoluzione positiva dell'individuo e di tutta l'umanità.

Non c'è niente di più pericoloso di una guerra - e noi
ci stiamo entrando - che sottovalutare il proprio avversario,
ignorare la sua logica e, tanto per negargli ogni
possibile ragione, definirlo un "pazzo". Ebbene, la jihad
islamica, quella rete clandestina ed internazionale
che fa ora capo allo sceicco Osama bin Laden [..] è tutt'altro
un fenomeno di "pazzia" e, se vogliamo trovare una via d'uscita
dal tunnel di sgomento in cui ci sentiamo gettati,
dobbiamo capire con chi abbiamo a che fare e perché.


Tutto inizia dal 10 settembre: il giorno prima della strage delle Torri Gemelle, un giorno che sinceramente non ricorda (e non è il solo!) e che pure è stato l'ultimo giorno in cui l'umanità ha sperato che i tempi volgessero al meglio. La sua è una narrazione a tratti concitata a tratti riflessiva, comunque legata al momento in cui scrive. Cerca di dare un significato alle cose che succedono (e sono tante) dal giorno dell'attacco. Cerca di ricostruire le motivazioni, e non si ferma mai all'apparenza, alla dicotomia manichea bene-male. Cerca di comprendere le cause dell'odio -- per estirparle e per non sperimentarne di nuovo gli effetti. Purtroppo non riesce a trovare risposte nel mondo Occidentale. L'Occidente rimane chiuso nella sofferenze e nel dolore dell'attacco, una sofferenza che si manifesta nella risposta alla sua prima lettera da parte di una aggressiva Oriana Fallaci.

Così prende armi e bagagli e visita le città che saranno teatro del conflitto. Peshawar, Quetta, Kabul... e completa le sue riflessioni nel suo ritiro a Delhi e poi sull'Himalaya.

Come si evince dalle sue lettere il suo non è un banale recarsi sul posto per vedere. È il tentativo (riuscitissimo secondo me) di calarsi nella realtà del "nemico", di comprendere le ragioni della povertà, della violenza, e dell'odio. Le vittime di questa guerra non sono solo le persone morte sotto le bombe: sono anche tutte quelle che, per un verso o per l'altro, muoiono, di fame o di stenti. Diventano motivate ad odiare. Alimentano ancora di più l'odio. È un viaggio anche all'interno della civiltà Occidentale. Siamo ormai assuefatti all'idea che sia la migliore possibile. Una civiltà in cui si è perso l'aspetto spirituale della vita, ridotta ora ad un meccanismo funzionale, in cui si vendono prima i desideri e poi i prodotti con cui soddisfare questi desideri. Una civiltà che considera la guerra una opzione percorribile, per proteggersi.

Ma proteggersi da cosa?
Dall'odio che ella stessa alimenta.

Così non si va molto lontano, afferma l'Autore, che porta a sostegno della sua tesi il fatto che l'Occidente ha usato a sua discrezione le ricchezze dell'Afghanistan (e, in generale, di tutto ciò che non è "Occidente") ora in un verso ora nell'altro senza mai considerare la primaria importanza dell'autodeterminazione dei popoli che la occupano. Una "comunità internazionale" ormai appiattita sul modello di democrazia Occidentale che non riesce ad essere flessibile per accettare popoli di differente etnia, cultura e tradizioni, ma pur sempre degni di essere rispettati nella loro diversità. In Afghanistan Terzani ci fa conoscere la realtà di una terra divisa tra popolazioni di varie etnie, e in cui i Talebani sono stati solo una evoluzione prevedibile.

Ecco, il punto essenziale che Terzani sottolinea è proprio il rispetto della diversità, il ruolo fondamentale dell'esistenza degli apparenti "opposti". Se si rispetta tale esistenza, il motivo per cui esistono, ed il loro equilibrio allora si può imboccare una strada di Pace, perché tutti (anche gli opposti) vi parteciperanno.

Come sarebbe il giorno senza la notte? La vita senza
la morte? O il Bene? Se Bush riuscisse, come ha promesso,
a eliminare il Male dal mondo?


Terzani approfondisce anche il problema del Kashmir, e del rapporto (tesissimo) tra Pakistan ed India. Quest'ultima, a detta di Terzani, avrebbe perso un'ottima occasione per non allinearsi nel conflitto e proporre una via alternativa alla risoluzione dei conflitti, quella della non-violenza. Così come aveva già insegnato Gandhi, il cui messaggio si è ormai perso in un paese da un miliardo di persone e che vorrebbe usare l'atomica per risolvere il "problema" Pakistan.

Se noi davvero crediamo nella santità della vita
dobbiamo accettare la santità di tutte le vite.


I chilometri percorsi da Terzani sono tanti, e ci mostrano soprattutto gli effetti della guerra. Non c'è guerra giusta, conclude. Non c'è giustizia nella guerra così come non c'è Amore nell'odio. Citando Badshah Khan, perché per fare la guerra a Stati che potrebbero possedere armi di distruzione di massa, le si producono ancora? Terzani, dopo dopo aver osservato tante vite distrutte e la povertà delle persone che son colpite dalla guerra, non rinuncia a trarre delle conclusioni.

Conclusioni (ed è importante sottolinearlo) che non sono la promulgazione di astratti concetti, ma l'inevitabile suggerimento di scelte concrete. Che parlano alla parte di noi che ancora non si è sedimentata in un modello di pensiero, che è ancora libera di ergersi (con la volontà) e contrastare le tendenze di base dell'umanità. Tendenze che non devono essere azzerate (missione impossibile) bensì tenute a bada con un costante allenamento, perché la Pace si costruisce volontariamente, non ci arriva per grazia dal Cielo.

Visti dal punto di vista del futuro, questi sono ancora
i giorni in cui è possibile fare qualcosa. Facciamolo.
A volte ognuno per conto suo, a volte tutti assieme.
Questa è una buona occasione.


Journal Entry 2 by Magnolya from Roma, Lazio Italy on Saturday, March 17, 2007
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